Ancora un tursiope trovato senza vita sulla costa abruzzese

 

 

In aumento il numero di spiaggiamenti di cetacei lungo le coste abruzzesi e molisane, dovuti a cause antropiche. La scorsa domenica è stato ritrovato a largo della costa di Ortona (CH) un tursiope femmina adulto (Tursiops truncatus), i cui esami autoptici hanno riscontrato, ancora una volta, il ruolo incidente dell’azione dell’uomo sulla morte di tali esemplari.

 

Senza sosta, quindi, l’attività del personale dell’IZSAM, che si vede impegnato ad accertare le cause di morte di tursiopi e tartarughe marine oggetto di ritrovamento sulle coste dell’Abruzzo e del Molise, attività svolta in sinergia con la Guardia Costiera, con i Servizi Veterinari competenti e con i volontari del Centro Studi Cetacei. Anche in quest’ultimo caso, l’esame autoptico effettuato sulla carcassa dell’animale, ha rilevato la presenza di una parte di rete da pesca; queste, infatti, risultano essere o causa di immobilizzazione del tursiope (entanglement), o causa di ostruzione dell’apparato gastroenterico o costringenti le vie aeree.

 

Nel caso specifico, i risultati autoptici del tursiope femmina trovato senza vita a largo della costa di Ortona - di 275 cm di lunghezza – hanno evidenziato che la causa di morte è dovuta alla presenza di parte di rete da pesca nel becco laringeo (la prima via respiratoria dell’animale).

 

Il team di esperti dell’ZSAM, riferisce, infatti che “il tursiope, una femmina adulta, presentava costrizione da un lembo di rete nella prima via respiratoria (becco laringeo), riportando anche lesioni necrotiche laceranti alla base della laringe, proprio dovute all’azione della rete da pesca. Le reti coinvolte in questi scenari sono talvolta reti da pesca attive (in uso) e, molte, sono le cosiddette ghost-net, quelle reti in disuso, abbandonate in mare”.

 

Nel corso degli ultimi 4 anni, attraverso un piano di monitoraggio che l’IZSAM svolge lungo coste di competenza (Abruzzo e Molise), e che prevede l’esecuzione di attività necroscopiche sulle carcasse recuperate, è stato possibile evidenziare il ruolo incidente dell’azione dell’uomo, sulla morte di questi animali. Escludendo il 19 % delle carcasse esaminate, in cui lo stato di alterazione cadaverica non ha permesso di effettuare una diagnosi, in oltre il 53% dei casi, la causa di morte è risultata direttamente ascrivibile ad attività antropiche, e soltanto nel 27% dei casi è stata evidenziata una causa infettiva o parassitaria.

 

In linea con le attività già intraprese, e con l’intento di potenziare le attività di monitoraggio dello stato di salute del nostro mare, l’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” ha da tempo rivolto il suo interesse anche alle tartarughe marine, per lo studio delle quali ha recentemente presentato due progetti di ricerca n ambito europeo, finalizzati a valutare in maniera oggettiva le problematiche  emergenti , che costituiscono una potenziale minaccia alla sopravvivenza di questi animali.

 

 

18 settembre 2019 (CDI)

 
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