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Peste suina africana: attuali conoscenze e principali gaps

 

L’agente eziologico della Peste suina Africana (PSA) è l’unico membro del genere Asfivirus, nella famiglia Asfarviridae (ASFV) (1); un virus geneticamente complesso, a DNA a doppio filamento, i cui unici ospiti suscettibili all’infezione sono i membri della famiglia dei Suidi (Suidae). Sulla base delle sequenze parziali del gene p72, sono stati descritti ventitré genotipi (2, 3). Tutti i ventitré genotipi sono presenti in Africa mentre solo i genotipi I e II sono stati identificati fuori dal continente africano. Il solo territorio europeo in cui il genotipo I (vp72) è stato presente per un lungo periodo di tempo è la Sardegna (4). Lo stesso genotipo è stato presente in Spagna e in Portogallo dal 1960 al 1995 ed è stato responsabile dei focolai registrati in altri paesi europei quali la Francia (1964, 1967, and 1977), il Belgio (1985), l’Italia (1967, 1980), Malta (1978) e i Paesi Bassi (1986) (5) nella prima ondata epidemica, ovvero da quando il virus è entrato in Europa dal continente africano. Inoltre, il genotipo I è stato anche responsabile di numerosi focolai di PSA nei Caraibi e in sud America nel periodo dal 1971 al 1981 (6). Dal 1995, tutti i paesi europei e sudamericani infetti hanno eradicato con successo la malattia (4), con la sola eccezione della Sardegna. Invece, tutti gli isolati di ASFV che circolano dal 2007 in Azerbaigian, Armenia, Federazione Russa e in altri paesi dell'Europa orientale e centrale, sono tutti raggruppati all'interno del Genotipo II (7).

I ceppi virulenti di PSA sono responsabili della sintomatologia febbrile - emorragica nei soggetti infetti he si manifesta nella forma acuta o iperacuta, con tassi di mortalità fino al 100% (8). In generale, la malattia clinica può manifestarsi in diverse modalità, che vanno dalla morte, senza segni (forma iperacuta, con mortalità che si avvicina al 100%), ad un'infezione asintomatica. Tuttavia, la maggior parte degli isolati virali determina febbre emorragica acuta nei suini domestici e si manifesta con un tasso di mortalità prossimo al 100% (9, 10). Il cinghiale europeo (Sus scrofa) è altamente suscettibile alla malattia e, a seguito dell’infezione, mostra segni clinici e letalità simili a quelli dei suini domestici (Sus scrofa domesticus). Al contrario, i suidi africani selvatici infetti, di solito sviluppano infezioni persistenti a lungo termine di tipo subclinico e asintomatico, fungendo quindi da serbatoio del virus della PSA in Africa.

Il virus della PSA è principalmente trasmesso mediante il contatto diretto ed indiretto tra animali, ovvero attraverso i suidi infetti, i loro prodotti derivati e tramite i fomiti contaminati o carne cruda di animali infetti. La sua capacità di persistere a lungo nell'ambiente o nei campioni biologici delle carcasse di suidi infetti, rende difficile l'eradicazione della malattia una volta stabilita in un territorio.

Inoltre, le zecche molli appartenenti al genere Ornithodoros spp. possono rappresentare un efficace reservoir di infezione (11, 12), con trasmissione trans-stadiale, trans-ovarica e sessuale ben documentata (13). Tuttavia, queste zecche non sembrano essere coinvolte nel ciclo di trasmissione del virus della PSA nell’Europa orientale, in Russia o nella regione trans-caucasica (14), mentre i suini domestici infetti (Sus scrofa domesticus), il cinghiale (Sus scrofa), le carcasse contaminate, i rifiuti alimentari derivanti da suini infetti e i veicoli o le attrezzature rappresentano potenziali fonti di infezione in Europa. Inoltre, in Sardegna, dove la malattia persiste da più di 35 anni, recenti studi hanno ribadito l'assenza di un ruolo delle zecche di O. erraticus spp. nel ciclo epidemiologico della PSA, nonostante le forti analogie climatiche ed ecologiche con la penisola iberica, dove questa zecca è stata coinvolta nel ciclo di trasmissione della malattia ed è stata ritenuta responsabile della persistenza del virus della PSA in passato (15, 16).

Oltre alla presenza di animali che rivestono il ruolo di carrier (17), esistono numerosi altri meccanismi che possono portare alla circolazione a lungo termine del virus della PSA nelle popolazioni di suini o di cinghiali. I più importanti sono i fattori strettamente legati all'uomo, come ad esempio il commercio illegale di carne suina infetta e la somministrazione ai suidi degli scarti di cucina infetti (18, 19, 20, 21, 22, 23 ,24 ,25), come anche la gestione delle aziende di suini allevati allo stato brado, come è stato osservato in alcune regioni della Russia (26, 27).

La PSA è stata confinata all’Africa fino alla fine degli anni '50, fin quando ceppi virali del genotipo I apparvero per la prima volta in Portogallo nel 1957, probabilmente mediante un'introduzione singola dall'Angola (28). Dall’ingresso della PSA in Europa, si è verificata una vera e propria ondata epidemica che ha coinvolto successivamente diversi paesi in Europa e poi anche alcuni paesi del Centro e del Sud America. Tutti i paesi colpiti, ad eccezione dell’Isola sarda, hanno eradicato con successo la malattia.

Dopo l'introduzione del virus nella Federazione Russa nel 2007 (29), con una seconda ondata epidemica, al fine di mitigare il rischio di diffusione dell'ASFV verso l'Unione Europea (UE), gli Stati membri dell'UE confinanti con la Federazione Russa hanno implementato specifiche misure di protezione. Ciononostante, nel 2014 il virus della PSA è entrato in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, dove la malattia è diventata endemica nella popolazione di cinghiali (30), mentre gli sporadici focolai che si sono verificati nei suini domestici sono stati controllati in modo efficiente, impedendo così un'ampia diffusione secondaria del virus (31). Tuttavia, nel 2016 il virus si è diffuso in Moldavia e nel 2017 è stato segnalato per la prima volta in Repubblica Ceca, Romania (32), Bulgaria ed Ungheria. A settembre del 2018 il virus ha compiuto un grande salto, infettando quindi centinaia di cinghiali in Belgio, in un'area ristretta a sud e confinata della regione Vallonia (33). Sono stati altresì notificati numerosi focolai di PSA in Asia, a partire dalla Cina, dove gran parte del territorio era infetto già da agosto 2018. A luglio del 2019 la malattia è stata notificata per la prima volta in Slovacchia e un mese dopo, ad agosto 2019 (33), ha fatto la sua prima comparsa in Serbia (33).

Attualmente, la malattia è presente in più di venti paesi dell'Africa sub-sahariana (34), in alcune isole dell’oceano Indiano (Madagascar e Mauritius), e dal 2007 è presente anche in alcuni paesi dell'Europa centrale ed orientale e in otto paesi appartenenti all'Europa Unione (Lituania, Polonia, Lettonia, Estonia, Romania, Belgio, Slovacchia, Italia-Sardegna). In questo quadro di notevole espansione della malattia, degna di nota è la risoluzione positiva di un focolaio verificatosi in una popolazione di cinghiali residente in un’area ristretta della Repubblica Ceca (35). Tuttavia, persiste ancora grande preoccupazione riguardo la diffusione del virus in Asia: dopo i primi focolai notificati in Cina, il più grande produttore di carne suina al mondo, un certo numero di paesi confinanti ha notificato numerosi focolai e la situazione epidemiologica sembra lungi dall’essere effettivamente controllata (36).

L’epidemiologia della PSA è quindi molto complessa ed è caratterizzata da diversi modelli di trasmissione dell’infezione a seconda che si consideri l’Africa o l’Europa. Da un punto di vista epidemiologico, la letteratura descriveva l’esistenza di tre cicli epidemiologici indipendenti (selvatico, zecca-suino e domestico) (36). Dopo l’epizoozia di PSA verificatasi recentemente negli Stati Membri dell’Europa centrale ed orientale, i ricercatori hanno potuto prendere in considerazione un quarto ciclo epidemiologico oltre ai tre già riconosciuti: il ciclo che si sviluppa nell’habitat del cinghiale (37) ovvero il “wild boar–habitat cycle” (37). Caratteristica di questo ciclo è l’essere appunto ristretto alla popolazione di cinghiali e al loro specifico habitat, quale reservoir del virus (38). E’ possibile dunque, delineare diversi scenari epidemiologici in relazione all’area geografica, le specie coinvolte, la via di trasmissione e i fattori di rischio per la persistenza e la diffusione della PSA.

La PSA può essere controllata ed eradicata mediante le classiche misure di sorveglianza e controllo, come dimostrato nelle esperienze passate dei paesi, che nel mondo, hanno eradicato la malattia, paesi nei quali il principale serbatoio di infezione era la popolazione di suini domestici. Le classiche misure sono basate su metodi di controllo, tra cui le strategie di sorveglianza, le indagini epidemiologiche, il rintraccio degli animali e delle aziende infette, in combinazione con rigorose misure di quarantena e di biosicurezza applicate alla componente domestica (animali e aziende) e il controllo delle movimentazioni animali. Tali misure sono attualmente in vigore nel quadro giuridico dell'UE per il controllo della PSA, come stabilito dalla direttiva del Consiglio 2002/60 / CE (39).

La direttiva prevede inoltre che gli Stati membri elaborino e attuino piani per l'eradicazione della malattia (40). Queste misure sono risultate essere efficaci durante la gestione di alcuni focolai, come dimostrato dalla Repubblica Ceca nel fronteggiare per la prima volta la malattia. Tuttavia, l'evidenza suggerisce però, che questa strategia è difficile da sostenere per un lungo periodo in situazioni endemiche, come ad esempio negli Stati Baltici e in Polonia, dove la malattia è presente ed è altresì estesa a vaste aree (41). Una strategia di successo in questo scenario non è stata ancora trovata. Infatti, le esperienze raccolte negli ultimi anni hanno dimostrato che il coinvolgimento della popolazione di cinghiali nella diffusione virale rappresenta un ostacolo all'eradicazione e, di sicuro, rappresenta un fattore di rischio rilevante che facilita la diffusione del virus attraverso i confini geografici degli Stati (41).

Pertanto, una strategia efficace per la prevenzione o il controllo della PSA dovrebbe basarsi su una profonda conoscenza della popolazione suina domestica e selvatica presente in un territorio o in un paese, delle condizioni ambientali e della tipologia di allevamento suino (41). Tuttavia, tutte le strategie devono tener conto del principio che la malattia non conosce confini e che quindi dovrebbe essere definita ed attuata una politica comune di sorveglianza e di controllo (41).

L'unica presenza continua della circolazione virale in Africa è la prova che il rischio di nuove incursioni del virus in nuovi areali è possibile e l'attuale situazione epidemiologica moltiplica le possibilità che il virus della PSA si possa diffondere in tutto il mondo (41). Attualmente, nel contesto europeo è necessario comprendere meglio l'evoluzione della PSA, le dinamiche della malattia nel cinghiale e quindi cercare la chiave di volta per l’attuazione di interventi di successo che possono contribuire a mitigare l'impatto della malattia (42) sull’economia globale. Inoltre, non è ancora disponibile un vaccino commerciale per il controllo della PSA e i ricercatori stanno quindi lavorando a questo mandato per ottenere vaccini convenienti, sicuri ed efficaci per i diversi scenari epidemiologici (Frontiers, 2020).

Altre lacune di ricerca, che rappresentano ad oggi le attuali sfide per il controllo della PSA, riguardano le aree dell'epidemiologia molecolare, della modellistica ambientale, della trasmissione, della patologia, dell'interazione cinghiale-suino domestico, dell'impatto socio-economico, della prevenzione, della diagnosi e della sorveglianza (42).



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Maria Luisa Danzetta
Centro Operativo Veterinario per l'Epidemiologia, Programmazione, Informazione e Analisi del Rischio
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G. Caporale"

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